La sentenza della Cassazione sul diritto all’informazione in materia di protezione internazionale

Il 14 novembre 2023 la Corte di Cassazione Prima Sezione Civile si è espressa con una sentenza fondamentale sul diritto all’informazione in materia di protezione internazionale per quanti arrivano in Italia, l’accesso alle procedure di protezione e il divieto di espulsioni collettive.

Il caso in esame riguarda l’impugnazione di un cittadino tunisino, di un decreto di trattenimento emesso nel settembre 2022 dal Giudice di pace di Torino. Il ricorrente ha affermato di essere sbarcato a Lampedusa insieme ad altre persone e di aver firmato subito dopo lo sbarco un “foglio notizie”. In un secondo momento ha ricevuto la notifica di convalida di un decreto di respingimento analogo nella forma e nella sostanza a quelli recapitati agli altri 21 cittadini tunisini sbarcati insieme a lui. Durante l’udienza di convalida il ricorrente ha affermato che non era stato informato della possibilità di richiedere protezione internazionale; il giudice di pace ha negato tale evidenza e convalidato il trattenimento presso il CPR di Torino.

Il ricorrente ha quindi presentato appello basandosi su tre motivi di opposizione: il primo[1] è la manifesta illegittimità del decreto di respingimento; il secondo è la mancata possibilità di avere accesso ad una informativa riguardante la protezione internazionale[2]; il terzo ed ultimo motivo presenta la natura “seriale e collettiva del decreto di respingimento” (vedi nota 2).

Ai fini della valutazione, la Corte di Cassazione ha posto al vaglio numerose normative nazionali e comunitarie, nonché sentenze precedenti sia della Corte EDU che quelle elaborate in sede italiana.

La Cassazione rileva subito una violazione dell’art.4 del Protocollo 4 della CEDU, relativo al divieto delle espulsioni collettive.  I decreti di respingimento adottati nei confronti dei cittadini tunisini risultano essere uguali, persino nella formulazione, che riporta  genericamente e in modo stereotipato una non volontà del destinatario del provvedimento di richiedere protezione anche se “compiutamente informato”.

La Cassazione accoglie poi il primo motivo del ricorso e considera assorbito nel primo il secondo motivo del ricorso. In merito alla manifesta illegittimità del decreto di respingimento, si ribadisce che il giudice di pace avrebbe dovuto accogliere la contestazione del ricorrente riguardo il non aver ricevuto informativa poiché non poteva fare riferimento solo alla formula stereotipata, priva di riferimenti normativi e contenuti effettivi, utilizzata nel decreto di respingimento. Difatti, il decreto di respingimento nulla additava a quando, come e se fosse stata fornita un’informativa adeguata e trasparente. Così, ai sensi dell’art.10 ter del TUI non è sufficiente che nel decreto di respingimento o trattenimento sia indicato genericamente che il soggetto è stato informato compiutamente se il “foglio informativo” non fornisce i tempi, eventuali altri atti e le modalità con cui un migrante può richiedere asilo. Ulteriormente, con specifico riferimento alla lingua, non può essere rilasciato tale foglio se non in presenza di un mediatore culturale o di un interprete che garantiscano la comprensibilità delle informazioni fornite. La sentenza ha l’obiettivo di evidenziare come l’obbligo di informativa riguardo la possibilità di fare richiesta di protezione internazionale da parte delle autorità statali sussiste anche nel momento in cui il migrante non abbia manifestato la volontà di richiederla. Pertanto, l’informativa di protezione non può e non deve essere comunicata in forme ambigue o parziali e, tantomeno, può essere negato questo diritto. Nessuna procedura di espulsione può essere convalidata e attuata se la persona non è stata preventivamente informata in modo completo ed effettivo sui suoi diritti: procedura di protezione internazionale, programma di ricollocazione in altri Stati dell’UE e ricorso al rimpatrio volontario assistito. Non si può giustificare in alcun modo che le istituzioni competenti non assicurino il diritto all’informativa di protezione internazionale.

Molto importanti sono le motivazioni della Cassazione riguardo il diritto all’informativa e l’illegittimità dei conseguenti procedimenti di espulsione. La Cassazione ribadisce infatti come sia di fondamentale importanza poter fornire informazioni complete e comprensibili ai migranti che fanno ingresso in Italia ponendo come basi normative la Direttiva 2013/32/UE e il D.lgs n.142/2015:

  • considerando 25: “Ai fini di una corretta individuazione delle persone bisognose di protezione in quanto rifugiati a norma dell’articolo 1 della convenzione di Ginevra ovvero persone ammissibili alla protezione sussidiaria, è opportuno che ciascun richiedente abbia un accesso effettivo alle procedure, l’opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione, nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura
  • considerando 26 “Al fine di garantire l’effettivo accesso alla procedura di esame, è opportuno che i pubblici ufficiali che per primi vengono a contatto con i richiedenti protezione internazionale, in particolare i pubblici ufficiali incaricati della sorveglianza delle frontiere terrestri o marittime o delle verifiche di frontiera, ricevano le pertinenti informazioni e la formazione necessaria per riconoscere e trattare le domande di protezione internazionale tenendo debitamente conto, tra l’altro, dei pertinenti orientamenti elaborati dall’EASO. Essi dovrebbero essere in grado di dare ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi presenti sul territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri, e che manifestano l’intenzione di presentare una domanda di protezione internazionale, le pertinenti informazioni sulle modalità e sulle sedi per presentare l’istanza

Più precisamente, l’art.8 di suddetta Direttiva, richiede che gli Stati membri forniscano le informazioni riguardo la possibilità di fare richiesta d’asilo e che vengano garantiti dei servizi di interpretazione. Quanto affermato dalla Direttiva è stato ripreso nell’art.2 del Decreto legislativo: “per richiedente asilo debba intendersi non solo la persona che ha presentato la domanda di protezione internazionale ma anche la persona che ha manifestato la volontà di presentare questa domanda, così includendo tra i richiedenti asilo tutti coloro che manifestano un bisogno di protezione anche senza seguire le corrette modalità procedurali, spettando di contro allo Stato assicurarsi che le persone che manifestano tale volontà -o meglio esigenza -abbiano accesso ad un ricorso effettivo”. In egual modo l’art.3 evidenzia l’obbligo di fornire l’opuscolo informativo nella prima lingua conosciuta dal migrante e, in caso di impossibilità di offrire il modulo nella lingua selezionata, viene offerta la consulenza di un mediatore o di un interprete. Stando alla formulazione dell’art.3 del D.lgs però si riscontrerebbero dei limiti in quanto l’informativa viene fornita in esito alla manifestata volontà di fare domanda.

Nel contesto finora presentato si inserisce l’intervento dello Stato italiano con l’approvazione del Decreto legge n.13/2017, il quale amplia l’obbligo di informativa collocando l’adempimento nel primissimo contatto con le forze di polizia di frontiera. Il Decreto si traduce nell’art.10 ter del TUI, invocato dal ricorrente, in cui viene statuito che “è assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Unione Europea e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito”. Sull’effettività di questa norma si è espressa la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, la quale ha definito che dato che il foglio notizie è determinante per stabilire le future condizioni del migrante diventa essenziale mettere a disposizione tutti gli strumenti per una effettiva comprensione da parte del migrante su ciò che sta accadendo.

La Cassazione, con la sentenza n.21910/2020 ha disposto che lo statuto protettivo si radica in quel momento che precede la presentazione formale della domanda di protezione: al richiedente deve esser garantita la fruizione e la comprensione riguardo la possibilità di fare domanda, facendo ricorso a documenti nella sua lingua, a un interprete o ad altri metodi che abbiano il medesimo fine. Ulteriormente, deve essere ritenuto incontestabile il diritto del cittadino di un Paese terzo che ha fatto ingresso irregolarmente in Italia a poter fare domanda di protezione e l’Amministrazione ha il dovere di riceverla, astenendosi fino alla decisione da ogni forma di respingimento o espulsione. Risulta evidente che l’ottenimento della qualità di richiedente asilo non può dipendere unicamente dalla capacità di una persona di formulare in maniera esplicita la richiesta, ma quanto più aver manifestato anche in maniera indiretta il bisogno di avere protezione.

Prima di aprire una esauriente digressione riguardo la giurisprudenza della Corte EDU, è utile ricordare che le sentenze di quest’ultima costituiscono un parametro di costituzionalità delle norme nazionali ai sensi dell’art.117 comma 1 Costituzione. Per quanto riguarda il caso in esame, la Corte EDU non si è esentata nel presentare un parere riguardo all’argomento su cui ci stiamo pronunciando. Nella sentenza Hirsi Jamaa et. Al. V. Italia ha affermato che “la mancanza di informazioni costituisce uno dei principali ostacoli all’accesso alle procedure d’asilo” nonché l’assolutezza del diritto all’informazione per coloro che sono destinatari di una misura di allontanamento in modo che abbiano così accesso effettivo a procedure e ricorsi. Nella sentenza del caso Khlaifia et. Al. V. Italia ha affermato che, sebbene si possano riscontrare delle difficoltà nella gestione di flussi migratori massicci ciò non può costituire un impedimento al rispetto della Convenzione EDU, dei suoi protocolli e delle norme nazionali. Qui di fatti, ai sensi dell’art.5 comma 2 della Convenzione EDU si nota che l’Italia abbia l’obbligo di informazione: gli interessati del procedimento di respingimento devono essere a conoscenza dei motivi e delle accuse formulate a loro carico e a ciò si aggiunge il diritto di ogni persona privata della libertà personale di presentare ricorso ad un tribunale ai sensi dell’art.5 comma 4 sempre della medesima Convenzione. Inoltre, ha espresso che nell’ambito delle procedure di espulsione deve essere comunque garantita la possibilità di richiedere asilo in quanto diritto fondamentale dell’individuo.

Questa sentenza è fondamentale per confermare il pieno diritto all’informativa in tema di protezione internazionale e conseguente accesso alla stessa per tutti i migranti che arrivano in Italia, anche quando trattenuti negli hotspot o ai valichi di frontiera. La sentenza ben evidenzia che questo diritto deve essere garantito ancor prima che i migranti facciano richiesta di asilo, in quanto non è detto che siano già informati della normativa vigente e non è altrettanto detto che siano nelle condizioni psico/fisiche per comprendere che la domanda di asilo vada richiesta nell’immediato momento dopo lo sbarco.

[1] In riferimento alla manifesta illegittimità del procedimento si lamentano le violazioni dell’art.360 comma 3 c.p.c (ricorso per Cassazione in caso di violazione o falsa applicazione di norme di diritto), e degli artt. 10 comma 4 e 10-ter lettera D del Testo Unico Immigrazione (non si applicano disposizioni di respingimento nei casi che rientrano nella disciplina dell’asilo politico, dello status di rifugiato o protezione temporanea per motivi umanitari).

[2] In riferimento ai motivi di mancata informativa e di natura seriale dei respingimenti, oltre agli articoli sopramenzionati si osservano violazioni del D.lgs 286/1998, dell’art.8 della Direttiva 2013/32/UE e dell’art.4 del Protocollo n.4 della CEDU.

 

 

Foto di EKATERINA BOLOVTSOVA