CIR: Decreto ONG incongruente e discriminatorio

Il Presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati Roberto Zaccaria è oggi all’Audizione delle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Trasporti, cui è stata assegnata l’analisi del cd Decreto ONG. Un decreto che desta viva preoccupazione e solleva molti dubbi di congruità con le norme nazionali e internazionali.

“Il Decreto legge sembrerebbe mirato al salvataggio delle vite in mare, un fine nobilissimo. In realtà, leggendo le norme emerge il suo senso più profondo, quello di rendere più complicate e meno efficaci le operazioni di soccorso in mare realizzate dalle ONG. In questo modo sembra configurarsi un eccesso di potere legislativo che la Corte Costituzionale potrebbe censurare.  Alcune delle disposizioni finiscono per contrastare vistosamente con la finalità del decreto stesso, che nasce per assicurare l’incolumità delle persone salvate in mare, mentre in realtà finisce con sacrificarne altre. Altre disposizioni inoltre confliggono apertamente con le norme costituzionali e internazionali, che costituiscono la cornice di ogni intervento normativo in materia” dichiara Roberto Zaccaria, Presidente del CIR.

A questo riguardo dobbiamo ricordare che il Presidente Mattarella, in occasione della promulgazione dei cd Decreti sicurezza, ha fornito una specie di bussola ricordando che restano sempre fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, anche se non espressamente richiamati nel testo normativo.  La materia sulla quale il decreto-legge incide è regolata non solo da norme consuetudinarie del diritto internazionale ma anche, e soprattutto, da importanti trattati e convenzioni internazionali, recepiti nel nostro ordinamento, che contengono norme vigenti che per la loro forza si impongono alle norme interne. “La navigazione è un mondo che è sempre esistito nella storia dell’umanità e la disciplina che la norma è molto puntuale, non vi si può sfuggire” continua Zaccaria.

Sono molti i punti che sollevano perplessità, in primo luogo il decreto introduce l’obbligo per le navi di raggiungere senza ritardo il porto di sbarco assegnato dalle autorità competenti per il completamento dell’intervento di soccorso. In queste disposizioni si può leggere l’intento del legislatore di vietare i trasbordi e i soccorsi plurimi, se non espressamente richiesti dalle autorità della zona SAR. Il Decreto rischia di produrre una situazione paradossale, quella di porre il capitano di una nave di un’ONG nella condizione di non poter salvare persone in pericolo nel caso in cui avesse già effettuato un primo soccorso, contravvenendo ai principi di diritto internazionale consuetudinario e pattizio che presuppongono l’obbligo inderogabile di soccorso. “Questa disposizione si pone in netto contrasto al rispetto delle leggi del mare e degli obblighi internazionali che impongono inequivocabilmente l’obbligo di prestare assistenza a quanti si trovano in pericolo in mare senza alcuna distinzione relativa alla loro nazionalità, status, o alle circostanze nelle quali essi vengono trovati” continua Zaccaria. “Non si deve poi trascurare il fatto che  questa previsione si può  combinare con la prassi, che sembra consolidarsi, almeno in queste prime fasi di applicazione, che è quella di assegnare un porto non nelle immediate vicinanze ma che dista migliaia di chilometri  e a diverse giornate di navigazione. Combinando i due fattori, teorico e pratico, risulta evidente la contraddizione implicita nella norma”.

Il Decreto inoltre prevede che l’equipaggio delle navi informi tempestivamente le persone prese a bordo della possibilità di richiedere la protezione internazionale e, in caso d’interesse, raccolga i dati rilevanti per la richiesta di protezione internazionale. Questi dati devono essere messi a disposizione delle autorità competenti. “Una disposizione davvero preoccupante, perché sotto un’apparente facilitazione nasconde in realtà un’alterazione delle competenze. Come stabilito dalla Sentenza Hirsi della CEDU, le procedure d’identificazione delle persone salvate in mare debbono essere condotte dalle Autorità competenti attraverso personale con competenze specifiche, colloqui individuali e con l’assistenza di interpreti e consulenti giuridici. Non è certo nella fase di salvataggio che si può definire il diritto di una persona di chiedere o meno asilo. Né si può dare per scontato che le navi che operano salvataggi in mare abbiano le competenze per fare un’informativa legale. Cosa succede a una nave di pescatori che si trova a salvare delle persone? Hanno l’obbligo di informarli del diritto a chiedere asilo?”.

Quello che desta vivissima preoccupazione è il rischio, non troppo latente, di un’attività potenzialmente discriminatoria. Emerge in alcune disposizioni del Decreto un’attività di selezione, che confligge pienamente con l’art.3 della Costituzione. Questo avviene nello svolgimento dell’attività di soccorso che privilegiando nei fatti il primo soccorso, rischia di pregiudicare quelli successivi tentando di imbrigliare a priori la valutazione del comandante della nave. Dopo lo sbarco selettivo siamo arrivati a proporre dei salvataggi selettivi, una pratica totalmente barbarica. Il Decreto potrebbe avere un impatto anche nella fase delicatissima della protezione e dell’accoglienza: le attività informative vengono affidate a soggetti inidonei e sono realizzate in tempi decisamente inappropriati.

Chiunque non si uniformi alle disposizioni verrà punito con sanzioni amministrative e fermi delle navi. Un evidente modo per interrompere l’operato delle ONG.

Si stanno spendendo tempo ed energie per opporsi a un principio essenziale come la salvaguardia della vita umana, quando crediamo fortemente che l’impegno dovrebbe essere indirizzato in sede europea per chiedere una missione europea di salvataggio nel Mediterraneo centrale e una reale condivisione delle responsabilità, attraverso il superamento del Regolamento Dublino” conclude Roberto Zaccaria.