Progetto TRIPS: buona prassi sull’identificazione delle vittime di tratta durante la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale in Italia

Dal 2020, il progetto europeo TRIPS, nell’ambito dei processi di integrazione, elabora delle strategie volte a garantire un sostegno personalizzato ai beneficiari di protezione internazionale vittime della tratta di esseri umani, tenendo conto delle loro esigenze specifiche e della loro condizione di vulnerabilità. Come parte delle attività di ricerca e analisi condotte dai Paesi partner, la procedura di identificazione delle vittime di tratta in Italia sembra essere una prassi promettente.

In Italia, paese di destinazione ma anche di transito delle rotte individuate dalle organizzazioni criminali dedite alla tratta, questo fenomeno ha assunto dimensioni particolarmente rilevanti ed è strettamente connesso ai flussi migratori che arrivano via mare o attraverso frontiere terrestri.

Dai dati a disposizione emerge che per molto tempo il principale paese di provenienza delle potenziali vittime di tratta in arrivo in Italia risulta essere la Nigeria (circa l’80% delle presenze). Più recentemente invece si nota un aumento delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale ed in misura minore di sfruttamento domestico delle donne provenienti dalla Costa d’Avorio, ma anche un incremento dei casi di sfruttamento lavorativo anche a danno di minori.

In relazione alla Costa d’Avorio, in base ad un rapporto di OIM del 2019  si è invertita la percentuale del numero degli uomini in arrivo rispetto alle donne (37% uomini e 46% donne, il restante 17% è costituito da minori). Guardando poi al dato riportato dal Dipartimento per le Pari Opportunità (SIRIT), ove sono registrati i casi effettivamente presi in carico, risulta in effetti che il 78% è di origine nigeriana e seguono la Romania con il 2,2%, il Bangladesh con i 2% e la Costa d’Avorio 1,9% ed il Marocco 1,5%.

In Italia esiste una procedura di identificazione della vittime di tratta che può avvenire in qualunque circostanza, ma in questo articolo ci concentriamo sull’identificazione e presa in carico nell’ambito della procedura di protezione internazionale.

Nel contesto italiano, si è rilevato che, talvolta, già prima dell’intervista presso la Commissione Territoriale volta alla valutazione della domanda di protezione internazionale, l’identificazione “preliminare” o “informale” può essere effettuata, se non già al momento dell’arrivo sul territorio, nel contesto della presentazione della domanda di protezione internazionale in Questura o, ancora, in accoglienza.

In tal caso, può avvenire che i soggetti coinvolti in queste fasi, in particolare operatori dell’accoglienza, si rivolgano agli enti specializzati nell’assistenza alle vittime di tratta per segnalare loro presunte vittime. Tale prassi peraltro merita di essere incoraggiata in quanto anticipa la procedura di referral e dunque favorisce un’identificazione precoce delle possibili vittime di tratta tra le persone richiedenti protezione internazionale. In altri casi, invece, è la stessa Commissione Territoriale che può trovarsi ad effettuare una identificazione preliminare, in quanto, grazie all’esame del fascicolo e soprattutto nel corso dell’intervista individuale, può rilevare i primi indicatori utili per far ragionevolmente ritenere che la persona richiedente protezione internazionale possa essere una vittima di tratta o che sia a rischio di diventarlo.

Tale prima identificazione da parte della Commissione Territoriale è funzionale al referral delle presunte vittime di tratta ad operatori qualificati del sistema anti-tratta per l’adozione di eventuali misure che si rendono necessarie nel breve termine e poi per favorire, in seguito all’identificazione formale ad opera di tali operatori specializzati, l’eventuale adozione delle misure adeguate di protezione, assistenza e integrazione sociale previste per le vittime di tratta.

Peraltro, i traumi che derivano dalle esperienze di tratta necessitano di interventi adeguati che non necessariamente sono riconducibili (solo) alle attività degli enti anti-tratta. Perciò è di fondamentale importanza che le Commissioni Territoriali sappiano individuare i bisogni specifici che le persone sopravvissute a tali esperienze possono presentare, al fine di segnalarli, con il loro consenso, ai servizi specializzati.

Tali bisogni non sono sempre esplicitati poiché spesso il vissuto è fonte di vergogna o addirittura di trauma tale da causare la rimozione dello stesso. Occorre facilitare l’emersione di esigenze specifiche per un tempestivo accesso ai servizi specializzati per ciascuna di esse. Pertanto, ove individuino tali esigenze, le Commissioni Territoriali informano le persone richiedenti, anche attraverso materiale informativo dedicato, sui relativi servizi disponibili sul territorio.

In seguito all’informativa, sarà possibile per le persone richiedenti, previo loro consenso informato, di essere supportate nel fruire dei servizi specialistici che possono essere diversi a seconda delle esigenze della persona: consultori ginecologici e in generale ai servizi socio-sanitari di tutela della salute sessuale e riproduttiva, ai centri e strutture antiviolenza, ai servizi di salute mentale o ancora, dove esistenti, ai servizi specificamente dedicati alle vittime di tortura. Trattandosi, peraltro, di problematiche complesse, è possibile che la persona abbia necessità di essere presa in carico da diverse professionalità e questo anche successivamente all’ottenimento dello status di protezione internazionale.

Tanto a livello europeo quanto a livello nazionale sono stabiliti gli obblighi degli Stati e le disposizioni da attuare per i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale. Gli Stati membri sono tenuti a identificare e valutare i bisogni specifici del richiedente e a tenerne conto nelle disposizioni sulle condizioni di accoglienza.

In Italia, tali obblighi sono sanciti dal d.lgs. 142/2015, che nel suo art. 17 (Accoglienza di persone portatrici di esigenze particolari) prevede che le vittime della tratta sono persone vulnerabili e che è necessario tenere conto della loro specifica situazione.

E’ estremamente rilevante che la persona vittima di tratta che sia stata identificata e presa in carico possa continuare a essere supportata nella fase del riconoscimento della protezione internazionale e successivamente nel percorso di integrazione. E’ importante che i servizi siano in grado di identificare e rispondere adeguatamente ai bisogni specifici della vittima di tratta. Nel corso del progetto TRIPS, grazie alle interviste che sono state effettuate con stakeholders privilegiati, è emerso molto chiaramente che i beneficiari di protezione internazionale vittime di tratta hanno necessità di potersi affidare e di contare su un accompagnamento specializzato.

Sulla base della nostra esperienza, riteniamo che la Linee Guida sulla “Identificazione delle vittime di tratta sui richiedenti protezione internazionali e procedure di referral” pubblicate da UNHCR insieme alla Commissione Nazionale per il diritto di asilo siano uno strumento estremamente efficace per facilitare non solo l’identificazione nei termini sopra descritti, ma perché fornisce un supporto anche nelle fasi successive al riconoscimento e favorisce l’attivazione della rete a supporto della persona che potrà in seguito beneficiare di servizi specializzati.

Le Linee Guida rappresentano una buona prassi attuata in Italia ormai dal 2016 e che possono essere di ispirazione in altri contesti nazionali.

 

Questo articolo è stato elaborato dal Consiglio Italiano per i Rifugiati nell’ambito del progetto “TRIPS – identification of TRafficked beneficiairies of International Protection Special needs” che mira a identificare e a rispondere al meglio ai bisogni specifici dei beneficiari di protezione internazionale vittime della tratta di esseri umani soprattutto in relazione al processo di integrazione, sia a livello di Unione Europea sia a livello nazionale.

Il progetto è realizzato da Forum réfugiés-Cosi (FR-C, capofila) e i suoi partner europei: Churches’ Commission for Migrants in Europe (CCME), Immigrant Council of Ireland (ICI), Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) e Organization for Aid to Refugees (OPU).

 

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