I due ricorsi che il CIR e A Buon Diritto hanno presentato al Tribunale di Roma contro l’Ufficio Immigrazione della Questura

Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) e A Buon Diritto – in qualità di membri della Rete legale di supporto ai migranti in transito (A Buon Diritto Onlus, Baobab Experience, Consiglio italiano per i rifugiati, Radicali Roma) – hanno presentato due ricorsi presso il Tribunale di Roma contro l’Ufficio Immigrazione della Questura perché viola i diritti dei titolari di protezione internazionale, impedendo, di fatto, a molti di loro il rinnovo del permesso di soggiorno.

I CASI

Il caso di A.
A. è una donna a cui l’Italia ha riconosciuto lo status di rifugiata nel 1995. Purtroppo nel corso del tempo le sue condizioni di salute si sono deteriorate e lei attualmente ha un’invalidità all’80% con una riduzione permanente della capacità lavorativa. A causa di questa condizione percepisce una pensione di invalidità che le è stata sospesa a seguito del mancato rinnovo del permesso di soggiorno da parte della Questura di Roma.
Alla scadenza del titolo di soggiorno si è adoperata per avviare le pratiche di rinnovo.
Dall’anno 2015, ha fissato la residenza in via delle Zoccolette (indirizzo offerto dalla Caritas per i senza fissa dimora) nel Municipio 1, poi divenuta Via Modesta Valenti 1/a.
È andata con urgenza in Questura consegnando la cessione di fabbricato e la dichiarazione di ospitalità presso una parrocchia romana in modo da rendersi fisicamente reperibile a tale indirizzo. A questa ha allegato il certificato di residenza che attestava la sua iscrizione nell’elenco della popolazione residente all’indirizzo di Via Modesta Valenti.
Nella stessa occasione le è stata notificata comunicazione ai sensi dell’art. 10 bis L. 241/1990 di preavviso di rigetto, nella quale si eccepiva la carenza di documentazione relativa all’iscrizione anagrafica: «l’istante non ha comprovato con elementi oggettivi e inequivocabili, la residenza anagrafica della dimora abituale ovvero la sua variazione, né di avere una chiara e certa sistemazione alloggiativa, indicando quale domicilio abituale un indirizzo virtuale (inesistente/fittizio) che, di fatto, ne certifica l’irreperibilità del richiedente e, quindi, non si concilia con le esigenze di ordine e sicurezza pubblica»
Abbiamo presentato un ricorso cautelare d’urgenza, per chiedere al Tribunale di Roma di ordinare alla Questura di cessare immediatamente la condotta pregiudizievole e riconoscere il diritto della signora ad avere il proprio permesso di soggiorno. Tale ricorso è stato accolto in via cautelativa.
Abbiamo inoltre presentato un ricorso ordinario nel merito per far valere lo stesso diritto

Il caso di D.
D. è un signore maliano, titolare di protezione sussidiaria. Il suo permesso di soggiorno scade il 7/2/2022, ma ad agosto ha subito il furto dello zaino, contenente il documento.
Dopo aver sporto denuncia di smarrimento, D. ha chiesto alla Questura – Ufficio immigrazione il rilascio del duplicato del permesso in corso di validità, allegando l’iscrizione anagrafica presso via Modesta Valenti. Il signore, infatti, è senza dimora e, dopo una visita medica, necessita di accertamenti sanitari per la sua condizione di salute. Tali esami difficilmente possono essere svolti in assenza di un permesso di soggiorno.
La Questura dapprima ha notificato un preavviso di rigetto, ritenendo che l’istanza fosse carente di “certificato di residenza (no residenze fittizie)”. Nell’emettere il successivo rifiuto, la Questura ha di fatto posto in condizione di irregolarità un cittadino cui l’Italia ha riconosciuto la protezione internazionale, tutt’ora valida.
È stato presentato ricorso ordinario e siamo in attesa della fissazione della prima udienza.

 

I documenti dell’accesso agli atti: