Consiglio europeo straordinario: questione Ucraina e immigrazione

Ieri 9 febbraio si è riunito a Bruxelles il Consiglio europeo per un vertice che ha riguardato la situazione Ucraina, l’economia e l’immigrazione. 

Dopo aver ribadito ancora una volta la ferma condanna alla guerra di aggressione da parte della Russia, l’UE ha espresso il proprio impegno non solo ad aiutare con sostegni di tipo economico la ripresa e la ricostruzione dell’Ucraina, ma anche a “rafforzare il sostegno agli sfollati tanto in Ucraina quanto nell’Unione europea, anche mediante un’assistenza finanziaria adeguata e flessibile agli Stati membri che sostengono l’onere maggiore in termini di costi medici, costi dell’istruzione e costo della vita dei rifugiati”.  Il pensiero va subito alla Polonia dove sono stati registrati 1milione e cinquecentomila profughi provenienti dall’Ucraina e alla Repubblica Ceca che ne sta accogliendo più di 480mila, con tutte le complessità che un tale afflusso di persone ha comportato nei sistemi di accoglienza e welfare nazionali.

Il tema migratorio ha riguardato, ancora una volta, in modo particolare il rafforzamento dell’azione esterna, della cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione, il controllo delle frontiere esterne, nonché la necessità di proseguire i lavori relativi al patto sulla migrazione e l’asilo. Grande assente il tema dei diritti di quanti provano a raggiungere l’Europa in cerca di protezione.

Preoccupano da questo punto di vista le conclusioni dedicate alle frontiere. L’UE punta a realizzare un controllo efficace delle frontiere esterne terrestri e marittime. In tale contesto, il Consiglio invita la Commissione “a finanziare misure degli Stati membri che contribuiscono direttamente al controllo delle frontiere esterne dell’UE, quali i progetti pilota per la gestione delle frontiere, nonché al miglioramento del controllo delle frontiere nei paesi chiave sulle rotte di transito verso l’Unione europea” e chiede “di mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell’UE per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza — compresa la sorveglianza aerea — e delle attrezzature”. 

Ci domandiamo se questa possa essere la base per permettere finanziamenti ai muri anti-migranti, misura più volte proposta dai gruppo di Visegrad e sperimentata nel corso degli ultimi anni con conseguenze drammatiche in tema di diritti umani. Basti pensare elle gravissime violazioni registrate sulla rotta balcanica.    

Il tema del rafforzamento dell’azione esterna si focalizza, invece, sulla necessità di attuare accordi di partenariato con i Paesi di origine e di transito al fine di prevenire partenze irregolari e perdite in termini di vite umane, nonché di ridurre la pressione sulle frontiere UE e capacità di accoglienza, lottare contro i trafficanti e aumentare i rimpatri.

Da ultimo, il Consiglio ha riconosciuto “le specificità delle frontiere marittime, anche per quanto riguarda la salvaguardia delle vite umane, e sottolinea la necessità di una cooperazione rafforzata in ordine alle attività di ricerca e soccorso, e in tale contesto, prende atto del rilascio del gruppo di contatto europeo in materia di ricerca e soccorso”.

Auspichiamo che quest’ultima disposizione diventi una base per una missione europea integrata per la ricerca e soccorso in mare, operazione che richiediamo da tanti anni e che si configura come l’unica misura utile per porre finalmente fine alla perdita di vite umane.

 

Foto in copertina: Kancelaria Premiera