Donne rifugiate vittime di violenza di genere e tratta: nuovi strumenti di supporto e prossime sfide

La Tavola Rotonda organizzata il 2 dicembre 2022 si inquadra nell’ambito del progetto europeo SARAH sulla violenza di genere nei confronti delle donne rifugiate portato avanti dal CIR dal gennaio 2021, che terminerà il 31 dicembre 2022.

Il progetto SARAH, realizzato in partnership con HEUNI (Finlandia, Capofila), Setlementti Puijola (Finlandia), SOLWODI (Germania), Greek Council for Refugees (Grecia), si è rivolto a donne migranti, titolari e richiedenti protezione internazionale vittime di violenza e persecuzioni legate al genere. I principali obiettivi del progetto sono stati:

  • mettere a punto un metodo di counselling socio legale e psicologico in favore delle donne beneficiarie di progetto e aiutarle a valutare le proprie risorse e bisogni, nonché l’impatto del counselling ricevuto;
  • realizzare training in tema di violenza di genere allo staff delle strutture di accoglienza (CAS e SAI), operatori socio sanitari, operatori legali;
  • rafforzare la rete di esperti sul tema e lo scambio di informazioni tra gli stessi attraverso networking events;
  • accrescere la consapevolezza delle donne circa le diverse forme di violenza e il diritto ad essere tutelate attraverso incontri informali svolti nei centri accoglienza (c.d. info cafè).

La violenza di genere costituisce una grave violazione dei diritti umani e, per il tipo di forme della violenza (tra le quali violenza sessuale, violenza domestica, matrimoni forzati, mutilazioni genitali), avviene più spesso ai danni delle donne.
Si stima che a livello globale circa 1 donna su 3 abbia subito violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita. Sempre a livello globale, secondo i dati UNHCR, le donne e le bambine(1) costituiscono circa il 50% della popolazione rifugiata, sfollata internamente o apolide.

I motivi per i quali donne e ragazze richiedenti asilo e rifugiate possono essere state costrette a lasciare il paese d’origine sono molteplici, così come lo sono i rischi a cui sono esposte, anche nei paesi di transito e di destinazione.

Per quanto riguarda l’Italia, sono ormai noti a tutti i rischi insiti lungo la rotta del Mediterraneo centrale, soprattutto nei centri di detenzione in Libia, nonché lungo la rotta balcanica.

Anche all’arrivo in l’Italia si verificano casi di violenza domestica, tra cui violenza sessuale e matrimoni forzati, e molte donne e ragazze richiedenti asilo e rifugiate sono inoltre vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, ma non solo. Le donne sono particolarmente vulnerabili anche perché arrivano da sole con figli o partoriscono prive di supporto emotivo e familiare.

Bisogna aggiungere che la violenza di genere non è sempre facile da stimare in termini statistici perché spesso si tratta di crimini difficili da far emergere.

Per quanto riguarda specificamente la tratta, come forma di violenza di genere, il rapporto del 2021 elaborato sulla base dei dati registrati dal Numero Verde Anti tratta(2) emerge che la stragrande maggioranza delle vittime di tratta e grave sfruttamento è rappresentata da donne. Rispetto alle nazionalità, sebbene il ruolo assolutamente preminente di casi registrati dal Numero Verde riguardi ancora le persone provenienti dalla Nigeria, dai dati relativi agli sbarchi in Italia nel 2021 emerge che le donne giunte via mare provengono in prevalenza da Costa d’Avorio, Guinea e Tunisia. In relazione alla tratta a scopo di sfruttamento sessuale, si registra inoltre un coinvolgimento di minori, in prevalenza di sesso femminile.

Sul piano statistico, il progetto SARAH ha contribuito alla osservazione e valutazione di alcuni dati raccolti in quattro Paesi europei da cui emerge che:

  • la maggior parte delle beneficiarie assistite ha un’età compresa tra i 26 e i 35 anni, a cui segue la fascia tra i 18 e i 25 anni. E’ solo dell’1% il dato relativo alle donne oltre i 50 anni;
  • la quasi totalità delle beneficiarie ha uno o più figli minori;
  • le donne di nazionalità nigeriana rappresentano la percentuale più elevata, seguite dalle donne irakene e da quelle provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo.

Per quanto riguarda le forme di violenza, i dati mettono in rilievo una prevalenza della violenza domestica – seguita dalla violenza sessuale e dalla tratta di esseri umani -, evidenziando altresì che la violenza spesso continua nei Paesi di transito e destinazione.

A livello nazionale, il CIR ha seguito donne per lo più provenienti dalla Nigeria, ma anche una certa percentuale di donne provenienti dall’Ucraina vittime di violenza domestica nel loro Paese di origine.

Nel corso della Tavola Rotonda i relatori hanno confermato, ciascuno per la propria area di competenza, quanto emerso dal progetto rispetto alla età delle donne e alle forme di violenza subita; tuttavia, per quanto riguarda la nazionalità, è stato evidenziato – nell’ambito della procedura di protezione internazionale – un aumento delle donne provenienti dalla Georgia vittime di violenza di genere.

Dalla Tavola Rotonda è emersa altresì l’importanza di tenere in debita considerazione non solo i fattori di protezione nel Paese di accoglienza, la garanzia di un qualificato supporto legale e di un pronto accesso alla tutela giurisdizionale, ma anche tutti i possibili rischi a cui le donne – potenziali rifugiate – andrebbero incontro nel caso di ritorno nel Paese di origine. Questo include anche tutta la gamma di misure di sostegno a livello sanitario e psicosociale, che risultano assumere un’importanza essenziale anche per i figli minori delle donne.
La tutela dei minori è stata particolarmente attenzionata nell’ambito della Tavola Rotonda, anche attraverso la disamina delle varie tipologie di permesso di soggiorno previste per la loro protezione. In tale ambito, sono stati esaminati anche gli effetti sui minori dei movimenti secondari delle madri, sovente potenziali vittime di tratta all’interno dell’Unione europea.

Per un’analisi esaustiva della questione di genere, la Tavola Rotonda si è inoltre arricchita di un intervento relativo alla protezione e alle possibili sfide nell’assistenza a persone LGBTQI+.

Tra gli strumenti di diritto internazionale, di cui hanno parlato gli esperti intervenuti, una particolare enfasi è stata posta sulla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (c.d. Convenzione di Istanbul), ratificata dall’Italia nel 2013.

La Convenzione, nel suo illuminante preambolo, riconosce […] con profonda preoccupazione che le donne e le ragazze sono spesso esposte a gravi forme di violenza, tra cui la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stupro, il matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto “onore” e le mutilazioni genitali femminili, che costituiscono una grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze e il principale ostacolo al raggiungimento della parità tra i sessi.

E’ emerso chiaramente dalla Tavola Rotonda quanto la Convenzione sia ancora scarsamente utilizzata come strumento di protezione a difesa delle donne migranti e rifugiate e quanto invece essa rappresenti un fondamentale supporto, anche nell’ambito del diritto alla difesa, avendo una portata universale.

Tra gli altri, l’art. 60 della Convenzione dispone che la violenza di genere sia riconosciuta come forma di persecuzione ai sensi della Convenzione di Ginevra e richiede agli Stati aderenti di adottare misure legislative e linee guida finalizzate a garantire procedure di accoglienza e servizi di supporto sensibili al genere.

In relazione alle linee guida citate nel summenzionato articolo, la Tavola Rotonda è stata un’occasione per condividere i contenuti e le possibili applicazioni pratiche delle Procedure operative standard per l’emersione e il referral delle persone sopravvissute a – o a rischio di – violenza di genere nel contesto della procedura di asilo (SoP) che sono state pubblicate dalla Commissione Nazionale per il Diritto d’Asilo, in collaborazione con UNHCR e con il co-finanziamento della Commissione Europea. Proprio al fine di garantire un’adeguata protezione alle donne rifugiate vittime di violenza di genere, le SoP prevedono di assicurare un’informativa qualificata alle donne nel corso della loro procedura di protezione internazionale, nonché meccanismi di referral e di collaborazione con il terzo settore.

Si è altresì rilevato che le SOP sono uno strumento di cui l’Italia si è dotata e che supportano il lavoro degli stakeholder, rappresentando una buona pratica nel panorama dei Paesi dei partner di progetto.

L’esperienza del progetto ha sicuramente ratificato l’importanza di adottare procedure di emersione e identificazione delle donne vittime di violenza di genere, ma anche di rilevare i bisogni specifici delle beneficiarie, anche successivamente al riconoscimento della protezione. Allo stesso modo, è stato confermato che i processi di inclusione e integrazione sono essenziali per poter assicurare la tenuta del percorso di fuoriuscita dalla violenza per le donne rifugiate e, di conseguenza, anche per i loro figli. Infatti, lo squilibrio a livello europeo nei sistemi di accoglienza, nelle misure di sostegno economico e dei servizi a supporto delle donne può impattare sul percorso migratorio, deciso o indotto, ed è quindi necessario rafforzare il dialogo e la cooperazione tra Paesi all’interno dell’UE.

Riprendendo il preambolo della Convenzione di Istanbul, che ambisce […] a creare un’Europa libera dalla violenza contro le donne e dalla violenza domestica, sentiamo la piena responsabilità di mantenere alta l’attenzione sul tema e di tenere salda la cooperazione tra stakeholder istituzionali e non, chiave essenziale per continuare ad alimentare il dibattito sul tema e, in tal modo, contribuire a garantire la tutela di ogni donna.

Nel corso della Tavola Rotonda è emerso quanto, attraverso il lavoro di sensibilizzazione svolto nel tempo da parte di chi quotidianamente assiste le donne, il tema della violenza di genere stia assumendo un ruolo centrale a livello europeo e stia sollecitando azioni a sostegno di progetti dedicati, nonché interventi sul piano normativo. In proposito, la più recente iniziativa della Commissione europea è la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime – che modifica la Direttiva 2011/36/UE (c.d. Direttiva Anti-tratta) – accompagnata dalla quarta Relazione sui progressi compiuti nella lotta contro la tratta di esseri umani.

 

Per la presentazione e i risultati del progetto, clicca QUI

 

(1) https://www.unhcr.org/it/in-difesa-delle-persone/donne/

(2) https://www.integrazionemigranti.gov.it/AnteprimaPDF.aspx?id=3613